
Il settore dell'ospitalità extra-alberghiera in Italia ha vissuto negli ultimi anni una crescita significativa, trainata dal turismo esperienziale e dalla ricerca di soggiorni autentici da parte dei viaggiatori. Secondo i dati di Federalberghi, il numero di B&B in Italia è cresciuto del 40% negli ultimi cinque anni, con una particolare concentrazione nelle città d'arte e nelle zone costiere. Questo trend positivo è sostenuto anche dall'evoluzione del comportamento dei turisti, sempre più orientati verso esperienze di soggiorno personalizzate e autentiche.
L'apertura di un Bed & Breakfast rappresenta quindi un'interessante opportunità nel settore dell'ospitalità italiana. Per poter trasformare un’ambizione professionale o una vocazione nel mondo della hospitality in realtà bisogna porre attenzione non solo ai permessi richiesti, ma anche avere un business plan strutturato che consenta di arrivare a “break even” in tempi utili per rendere sostenibile l’attività.
Che permessi servono per aprire un B&B
L'apertura di un B&B in Italia richiede una serie di adempimenti burocratici che variano leggermente da regione a regione, ma mantengono una struttura di base comune su tutto il territorio nazionale.
Il primo passo fondamentale è la presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al SUAP del proprio Comune. Si tratta di un documento che rappresenta il punto di partenza formale dell'attività e deve essere accompagnato da una serie di certificazioni tecniche relative all'immobile. Tra queste, particolare importanza riveste l'autorizzazione sanitaria dell'ASL, che verifica l'idoneità dei locali dal punto di vista igienico-sanitario.
Le normative più recenti hanno inoltre introdotto l'obbligo di ottenere un codice identificativo regionale per le strutture ricettive, finalizzato al contrasto dell'abusivismo nel settore turistico. Non meno importante è la comunicazione alla Questura, necessaria per la trasmissione dei dati degli ospiti secondo quanto previsto dalle norme di pubblica sicurezza.
Per chi sceglie di gestire il B&B in forma imprenditoriale, si aggiungono ulteriori adempimenti come l'apertura della Partita IVA con il codice ATECO specifico per l'attività (55.20.51), l'iscrizione al Registro delle Imprese e l'apertura di una posizione INPS per i contributi previdenziali.
Quali sono i costi per aprire un B&B
L'investimento iniziale per l'apertura di un B&B può variare significativamente in base a diversi fattori, tra cui la location, le condizioni dell'immobile e il livello di servizio che si intende offrire.
La voce di spesa più consistente è generalmente rappresentata dalla ristrutturazione e dall'adeguamento dei locali che può oscillare tra i 10.000€ e i 30.000€, considerando gli interventi necessari per rispettare le normative in materia di sicurezza e accessibilità. Tuttavia, i costi per la realizzazione di un ambiente che possa soddisfare la clientela che ha in mente l’imprenditore possono raggiungere vette ancora più significative se si pensa di creare un B&B di lusso.
L'arredamento e le attrezzature costituiscono il secondo capitolo di spesa più importante: per ogni camera si deve preventivare un investimento tra i 5.000€ e i 15.000€, includendo mobili, biancheria, elettrodomestici e dispositivi per il comfort degli ospiti. A questi costi si aggiungono le spese per le pratiche burocratiche, che possono raggiungere i 2.000€, considerando le consulenze tecniche e le certificazioni necessarie.
Non vanno dimenticati i costi ricorrenti come quello per il POS, il software gestionale per le prenotazioni e la contabilità (500€-1.500€ annui) e l'assicurazione RC (600€-1.000€ annui), fondamentale per tutelare l'attività da eventuali imprevisti.
Sebbene la stima iniziale dei costi possa spaventare coloro che vogliono aprire un B&B è importante sottolineare come un buon business plan, completo e strategico, consenta di avere una chiara prospettiva dei costi e ricavi nel medio e lungo periodo.
Quali sono le tasse da pagare per un B&B
Il regime fiscale dei B&B in Italia rappresenta uno degli aspetti più complessi da gestire per chi si avvicina a questo settore, richiedendo un'attenta pianificazione e una conoscenza approfondita delle normative vigenti. La prima distinzione fondamentale riguarda la forma giuridica scelta: l'attività può essere svolta in forma non imprenditoriale o professionale, con importanti differenze in termini di tassazione e obblighi amministrativi.
Nel caso di attività non imprenditoriale, tipicamente scelta da chi gestisce il B&B come integrazione al proprio reddito principale, i proventi vengono considerati "redditi diversi" e sono soggetti all'aliquota marginale IRPEF del contribuente, con il significativo vantaggio dell'esenzione IVA. Per gli immobili in locazione utilizzati come B&B, è possibile optare per la cedolare secca al 21%, un regime particolarmente vantaggioso che permette di semplificare la gestione fiscale e spesso garantisce un carico tributario più leggero.
Chi sceglie invece la forma imprenditoriale, necessaria quando l'attività viene svolta in maniera continuativa e organizzata, deve considerare un quadro fiscale più articolato. In questo caso, si applica l'IVA al 10% sui pernottamenti, l'IRPEF o l'IRES sugli utili dell'attività, l'IRAP con aliquota del 3,9% e i contributi INPS che incidono per circa il 25% sul reddito. Una possibilità interessante per le attività di dimensioni contenute è rappresentata dal regime forfettario, che prevede una tassazione agevolata al 15% per fatturati fino a 85.000 euro, con significative semplificazioni degli adempimenti contabili e amministrativi.
A questi aspetti principali si aggiungono numerosi adempimenti accessori, ma non meno importanti: l'emissione di ricevute fiscali o fatture per ogni ospite, la registrazione giornaliera delle presenze, le comunicazioni statistiche periodiche all'ISTAT e il versamento della tassa di soggiorno, laddove prevista dal Comune di riferimento. Particolare attenzione va posta anche agli aspetti previdenziali: mentre nel caso di attività non imprenditoriale non sono previsti contributi INPS, nel caso di gestione professionale è necessario iscriversi alla gestione commercianti con relativi versamenti contributivi trimestrali.
Per una gestione efficace degli aspetti fiscali, è fortemente consigliato affidarsi a un commercialista specializzato nel settore turistico-ricettivo, che possa fornire consulenza specifica sulle opportunità di ottimizzazione fiscale e sugli adempimenti obbligatori. È inoltre fondamentale dotarsi di un software gestionale adeguato che permetta di tenere traccia di tutte le operazioni, dalle prenotazioni alla fatturazione, e mantenere una contabilità separata e ordinata. La documentazione fiscale deve essere conservata per almeno 10 anni, come previsto dalla normativa vigente, e deve includere non solo le ricevute e le fatture emesse, ma anche tutti i documenti relativi alle spese sostenute per l'attività.
Un aspetto spesso sottovalutato ma cruciale riguarda la pianificazione fiscale di lungo periodo: è importante valutare attentamente le diverse opzioni disponibili (regime ordinario, forfettario, non imprenditoriale) non solo in base alla situazione attuale, ma anche considerando i possibili sviluppi futuri dell'attività. Questo permette di evitare scelte che potrebbero rivelarsi penalizzanti nel medio-lungo termine e di strutturare l'attività in modo da ottimizzare il carico fiscale nel rispetto delle normative vigenti.
